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CITE’ FRUGES – LE CORBUSIER PATRIMONIO DELL’UMANITA’ UNESCO, 2016




Pessac è un piccolo paese che si trova poco fuori Bordeaux.

Qui nel 1924 Le Corbusier progettò un complesso edilizio noto come “Les quartiers modernes - Citè Frugès/Le Corbusier”.


Si trattò del suo primo progetto architettonico di grosso respiro, e gli venne commissionato dall’industriale dello zucchero Henry Frugès, bordolese erudito ed appassionate di architettura e design che aveva letto “Verso un’architettura”, saggio pubblicato da Le Corbusier solo un anno prima, nel 1923.


L’intento del committente era alto, ed era quello di costruire degli alloggi destinati alla classe operaia ma pensati sul modello della città-giardino, con elevati standard di confort abitativo, di modernità nella scelta dei materiali e di pregio estetico, affinchè il bello e salubre smettesse di essere solo appannaggio della classe dirigente. Ua sorta di laboratorio di architettura sociale.


Le abitazioni furono pensate secondo uno standard e progettate per essere modulari e modulabili, in quanto ognuna prevedeva la possibilità di estendere o limitare la parte scoperta a seconda delle stagioni e delle necessità crescenti della famiglia, ognuna disponeva di un garage e di un piccolo giardino di affaccio e - cosa rivoluzionaria a quei tempi - tutte le abitazioni erano fornite di wc e acqua in casa e di riscaldamento in ogni stanza.


Sono stata a passeggio per il quartiere, che a dir il vero si perde in una periferia anonima che ha molto l’aspetto di un abbandono.


Le forme delle abitazioni sono geometrie pure, volumi solidi enfatizzati dalla scelta policroma audace degli esterni, blu, rossi e verdi, cosa del tutto innovativa se non sconcertante negli anni ’20; le case si fronteggiano sui due lati della strada pur nel rispetto di una certa privacy reciproca; ci sono pochi edifici recuperati, molti cantieri e molte case in stato di completo abbandono, tra le sterpaglie.


Mi chiedo: ma all’epoca, quest’opera fu un successo?

NO, non lo fu affatto.


I lavoratori dello zuccherificio Frugès, pur incentivati a trasferirsi con le famiglie qui a Pessac, provenivano tutti dalla vicina Bordeaux: queste

architetture in calcestruzzo, squadrate, basse, a blocchi di colori puri, li disorientarono. Si trattava di un modello troppo lontano dalle architetture sette/ottocentesche della


loro grande città di pietra calcarea gialla e dalle rassicuranti forme post-neoclassiche.


Troppa luce, troppo vetro, troppa modernità per quel lontano 1924.



Dopo un solo decennio, il laboratorio di architettura sociale di Pessac si era svuotato quasi del tutto dei suoi abitanti, migrati altrove, in quella cintura esterna di Bordeaux destinata ad ingrandirsi sempre di più e piena di palazzoni di edilizia popolare come qualsiasi altra periferia europea.


Ci fu un lungo abbandono del sito, alla fine degli anni '80 la città di Pessac acquistò alcuni degli edifici che stavano andando incontro a un forte degrado e poi lo straordinario progetto tornò di più largo interesse dopo esser stato dichiarato patrimonio UNESCO nel 2016.


I costi del recupero architettonico sono tuttavia enormi e gli sponsor evidentemente scarseggiano se ad oggi solo una quindicina di edifici sono stati recuperati a nuova vita...


Contattando il sito del turismo locale si riesce a prenotare una breve visita guidata gratuita agli interni di una casa modulare: devo dire che la gentilissima guida sembrava lei stessa stupita della mia presenza, solo pochi architetti o appassionati di design si avventurano da queste parti.


Per me un’esperienza davvero stimolante: qui Le Corbusier ha messo in atto quanto teorizzato fin dal suo saggio del ’23 a proposito dell’architettura in dialogo con l’Uomo, suo utilizzatore finale e suo stesso modello.

La teoria della sezione aurea come scala di grandezza proporzionata al corpo umano (il “modulor”) che ai tempi venne elogiata anche da Einstain ora è una delle basi su cui si regge la buona progettazione architettonica, quella che si ricorda sempre che l’architetto deve porsi al servizio dei bisogni dell’Uomo e mai viceversa.


Non può che risuonarmi quanto Le Corbusier scrive a proposito di forme e luce, in perfetto accordo con il Feng Shui:


“L’architettura è il gioco sapiente, corretto e magnifico, dei volumi assemblati sotto la luce.

I nostri occhi sono fatti per vedere le forme nella luce: l’ombra e la luce rivelano le forme.

I cubi, i coni, le sfere, i cilindri e le piramidi sono le grandi forme primarie.

La loro immagine ci appare netta, e senza ambiguità.

E’ per questo che sono belle le forme.

Tutti concordano su questo, il bambino, il selvaggio, il metafisico.”





Ma ho riflettuto soprattutto sulla storia in sé di questo insuccesso d’autore: parabola istruttiva del fatto che ci si affeziona enormemente a ciò che è ben noto e alle forme del conosciuto, ed è invece sempre faticoso guardare oltre il proprio tempo con visione ed esplorare con curiosità e gioia le forme della diversità.


Ci vuole tempo e pazienza affinchè la visione diventi chiara, e allora questa visione diventa Storia.

 

 



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