E' un piovoso weekend di novembre quello in cui le mie amiche e colleghe, Roberta e Ivana, mi invitano a una passeggiata al quartiere Coppedè, per una lettura feng shui del luogo.
Arrivo, e l'impatto emotivo è fortissimo.
La mia mente razionale si fa mille domande: tenta di CAPIRE, mentre già il mio corpo, per suo conto e con la sua sapienza, inizia a SENTIRE.
SENTO che i mille occhi di tutte le finestre, le bifore, gli archi aperti mi spiano, mentre i mascheroni, i mostri mutanti e i gargoil ora urlano, ora mi osservano ieratici;
api, ragni, rane, rospi mi parlano di un mondo naturale presente, vitale e operoso eppure ibrido, mutante, in trasformazione, forse pericoloso.
CAPISCO che sono dinanzi a un eclettismo di stili architettonici che spaziano dal liberty, all'art-decò, al barocco, al gotico, e dove si sentono gli echi del mondo greco e romano ma anche della mistica medievale.
Roberta e Ivana mi raccontano che Gino Coppedè si è dedicato in vita a vari culti esoterici, personaggio eccentrico ma allo stesso determinato e pragmatico, un ebanista e raffinato intagliatore prima che un architetto, uno abituato ad affrontare lo schermo e lo sprezzo dei potenti.
Determinato però al punto da riuscire a realizzare il "Villino delle fate" decorandone la facciata con i simboli della sua Firenze e il ritratto del sommo poeta Dante, proprio lì, al centro della Roma bene del quartiere Trieste in piena espansione residenziale . Un genio. L'effetto è a tutt'oggi straniante.
Mi chiedo quale sia il messaggio profondo da decodificare di cui ci parlano sia gli edifici che il territorio e se l'architetto abbia realizzato tutto questo per dare una rappresentazione architettonica al proprio mondo simbolico interiore, in un suo delirio onirico o se volesse dire qualcosa proprio ora, e proprio a me.
Le mie amiche mi aiutano a decodificare il messaggio, e allora torno sotto il grande portale d'ingresso e osservo, al centro dell'arco, il volto dell'Eroe: è lui il protagonista di questa storia, a cui viene posto in capo l'elmo del combattente da due servitori e attendenti (i guardiani nel feng shui).
In alto, alla sua sinistra, una Nike alata lo incita alla vittoria; a destra pare farglisi incontro una Madonna con bambino, che però no, non ha il velo nè gli abiti iconografici di Maria. E' il simbolo del femminino e del materno, che non stringe il bambino al suo seno ma lo presenta al mondo davanti a sè, quasi a dire "vai, affronta il tuo viaggio con cuore puro, tu sei l'Eroe". ll viaggio dell'Eroe inizia passando nell'ombra sotto la grande volta, sotto le punte aguzze di una lampada possente e minacciosa, che però offre luce e visione. Una lunga strada centrale rettilinea (uno sha-chi per il feng shui) conduce tra i mille occhi fino alla "Fontana delle rane", secondo molti un simbolo della coppa del Sacro Graal.
Qui c'è l'acqua, e tutti i nomi delle strade intorno hanno nomi d'acque (Dora, Mincio...)
Acqua simbolo di gestazione e rigenerazione, per il feng shui energia che guida l'inconscio, che permette di scendere in se stessi ad affrontare le proprie paure ma anche di ritrovare il proprio impulso vitale primario.
La fontana si trova in perfetto allineamento direzionale SUD-NORD rispetto ai due palazzi che si fronteggiano nella piazza in modo quasi antropomorfo: sono quasi la personificazione dei poli opposti di un eterno divenire (yin e yang, maschile e femminile, luce e ombra, caldo e freddo...)
Allo sbocco della via, la vittoria finale e il premio dell'Eroe è rappresentato dallo scettro su sfondo azzurro incastonato nella facciata del "Villino delle Fate".
Durante il suo viaggio l'Eroe incontrerà ostacoli, sarà spiato e osservato, dovrà affrontare molti mutamenti p er diventare altro da sè, come le rane e i rospi della fontana che un tempo furono girini;
come le api dovrà essere laborioso e instancabile e tessere trame ardite come i ragni, dovrà addirittura ibridarsi come i cavallucci marini ermafroditi della grande cancellata in ferro battuto del "Villino delle fate", sintesi e perno di tutto il contesto.
Attraverso il viaggio dell'Eroe Gino Coppedè ha lasciato a me, qui e ora, l'istantanea della fine di un'epoca.
Alla sua morte nel 1927 l'ondata del razionalismo in architettura era già lì, pronta a segnare un mondo nuovo, purtroppo senza più fate e con ben altri simboli ed altri eroi.
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